Rula Jebreal è una giornalista. Rula Jebreal vive, come noi tutti, in un mondo che fa la guerra a se stesso, riducendo così “l’umanità a una gerarchia di morte”. Rula Jebreal scrive, e scrive per la memoria e la sensibilità umane.

Rula Jebreal

Il contesto

Rula Jebreal, si potrebbe dire, è nata in Palestina, ha cittadinanza israeliana e naturalizzata italiana. Si potrebbe dire, appunto. Perché Rula Jebreal, come ognuno di noi, è cittadina del mondo, ed è per il mondo e tutti i suoi popoli che Rula Jebreal parla.

Di recente si è esposta in un monologo durante la diretta del programma televisivo Le Iene in cui ha dato voce al genocidio palestinese:

“Dopo una vita trascorsa a interrogarmi, personalmente e professionalmente, su come il mondo abbia potuto permettere catastrofi come l’Olocausto, ho trovato la risposta tra le macerie nella mia terra martoriata, a migliaia di chilometri di distanza dai campi di sterminio europei.”

Ci troviamo in un momento storico tanto delicato, quanto vergognoso. Rula Jebreal ha scritto di questo devasto umano nel suo ultimo saggio Genocidio, da cui trapela una sensibilità non indifferente, la stessa che non dovrebbe lasciare indifferenti nemmeno noi, di fronte al peso di corpi privi di vita: “Settanta chilogrammi di carne umana corrispondono a un corpo.”. Un corpo, che non è solo corpo. Quel corpo era persona, speranza, vita, e ora quella vita è scomparsa per sempre.

Guerra e futuro

La guerra cancella. Cancella persone, cancella animali, cancella città e cancella storie. La guerra le storie le ricrea secondo le sue regole. Per Rula Jebreal Israele è venuta meno addirittura alle regole stesse della guerra, attraverso un profondo processo di disumanizzazione. Sono i bambini stessi a desiderare la morte, perché coscienti di non avere futuro in una terra che non ha più nemmeno un passato e in cui l’unico presente conoscibile è quello della distruzione e della mancanza di tutto.

E se invece un futuro avesse anche speranza di esserci, come sarebbe? Costellato da traumi, paure, mancanza di sogni e istruzione. Non hanno rifugio, né per il corpo, né per l’anima:

“La guerra, infatti, non si limita a distruggere edifici o infrastrutture: elimina le fondamenta stesse del futuro, privando un’intera generazione del diritto all’istruzione, alla crescita e alla dignità.”

Il potere delle parole

Le parole non sono mai solo parole, ma sono veri e propri strumenti per creare storie, e con le storie si può cambiare il mondo. Le parole sono tutto ciò che ci rimane anche nelle ore più buie, e costituiscono il tentativo di scuotere qualcosa nei cuori delle persone.

In merito, Rula Jebreal scrive qualcosa di estremamente potente all’interno del suo saggio:

“Scrivo perché, anche quando tutto sembra perduto, le parole sono tutto ciò che rimane, e con esse l’obbligo morale di ricordare e resistere. Scrivo perché le mie parole possano aiutare a impedire che il genocidio di Gaza diventi una dottrina da esportare nel resto del mondo, un modello da applicare ogni volta che il potere decida di avere ragione della ragione, minacciando la sicurezza e l’esistenza dell’umanità stessa.”

Viene da pensare che i passati olocausti non abbiano insegnato niente e che voci come quelle di Primo Levi per narrarli risultino vane di fronte all’ennesimo sterminio di esseri umani e di umanità; ma forse è proprio per questo che bisogna riportare alla luce la storia stessa e come è stata raccontata.

Grazie ai media contemporanei è impossibile non vedere, pertanto abbiamo il dovere di non rimanere indifferenti, di uscire dalla zona grigia e tornare a far parte anche noi dell’unico mondo, dell’unica umanità che ci rimane.

Riferimenti

Jebreal, R. Genocidio. Quello che rimane di noi nell’era neo-imperiale. 20205. Piemme.

Le Iene, puntata del 3/6/2025. Monologo di Rula Jebreal.