Andrea Delogu, nota conduttrice e attrice italiana, interpreta lo spettacolo teatrale 40 e sto. Manuale di sopravvivenza alla maleducazione sentimentale (2022), regia di Enrico Zacchero, ora disponibile per un periodo limitato su Rai Play e attualmente in tournée nei teatri italiani. Nel monologo, l’attrice affronta con brillante ironia e sensibilità i temi legati all’età e alla svolta rappresentata dai quarant’anni nella vita delle donne, soprattutto per quanto concerne gli aspetti sentimentali, personali e lavorativi.

La vita
Delogu inizia narrando della sua vita e di come è cresciuta nella comunità di San Patrignano. Uscirà a dodici anni per la prima volta nel mondo esterno, arrivando a definirsi una “bambina libera in un mondo con dei confini ben precisi”: scopre che le regole del mondo sono differenti da quelle della comunità. Per lei sono delle novità cose che molti danno per scontate, come il frigorifero o la possibilità di scegliere una merenda buona da portare a scuola, il modo di attraversare la strada, che non è più luogo di gioco per i bambini come nella comunità, e la possibilità di lasciarsi crescere i capelli. Delogu fa tanti lavori e segue i suoi interessi. E, come sappiamo, si innamora, divorzia e s’innamora di nuovo. Tutto ciò, nella visione riportata al pubblico durante lo spettacolo, ha le radici in due condizioni: l’essere donna e avere il tempo che scorre.

L’età: i quarant’anni
40 e sto comincia col rifiuto del passare del tempo. I quarant’anni sono uno spartiacque e una seconda fase di pubertà – quando si sta male, si googla, dice Andrea. Il corpo invecchia, la mente cambia e anche le abitudini. Assieme alla fatica, cresce anche l’esperienza.

I “lutti” interiori, come quelli del divorzio e del vedersi cambiare, vengono affrontati con trattamenti rivolti alla cura di sé, sperando che possano essere un modo per farci guarire: palestra, dieta, botox. Delogu, senza paura dei tabù, parla dell’iniziale voglia di non rassegnarsi e del voler essere bella. Si rimette in gioco e, col tempo, riesce a ritrovare la propria pace.
Manuale di sopravvivenza alla maleducazione sentimentale
Andrea Delogu ritiene di far parte non solo della sua famiglia di sangue, che è molto numerosa. La comunità di San Patrignano costituiva una grande famiglia di per sé: la protagonista racconta di come vi si svolgessero i pasti, i loro modi di trascorrere le giornate e il fatto che non ci fosse bisogno di chiudere a chiave la porta.
E poi c’è l’amicizia. La più importante è quella con Ema Stokholma, nata dal coraggio di dire “no” a un progetto letterario di Delogu che secondo l’amica non avrebbe avuto il successo atteso, unendole sin da subito nell’onestà che non è mai mancata nel loro rapporto. Comprendiamo, quindi, che la famiglia non è composta da ruoli, ma da legami costruiti con le persone che si amano e che ci sostengono.

E arriviamo all’amore.
Il giorno del matrimonio non è solo un giorno importante, ma è il giorno a lungo desiderato dagli sposi innamorati, quello ideale, e spesso è pieno di disagi che si evitano di raccontare, come la scomodità dell’abito e delle scarpe, l’ansia e la fame. Si è pronti ad andare incontro al partner colmi di promesse: “T’appartengo e io ci tengo”. Tuttavia, neanche il pensiero di provare ad avere figli ha salvato l’unione con l’attore Francesco Montanari. Durante lo spettacolo si percepisce il forte dolore, pur sempre con un tocco di autoironia, che ha accompagnato la fine della loro relazione. Al momento, la protagonista ha ritrovato l’amore in un uomo più giovane. Inutile dire che sono stati al centro di molti pettegolezzi, ma Delogu non ha paura di difendere la sua vita sentimentale e l’affetto che la lega a Luigi Bruno, innamorata anche del senso di libertà che le dà la relazione, libera dai pregiudizi riguardanti il divario d’età nella coppia.

Le icone
Lo spettacolo pullula di citazioni culturali: da Dirty Dancing alle canzoni di Max Pezzali e Ambra Angiolini, narrazioni che hanno caratterizzato i decenni delle vite degli italiani dai ruggenti anni Ottanta. Tutto ciò ha contribuito a formare la personalità di Delogu e, naturalmente, anche della nostra società, la stessa in cui la protagonista agisce. 40 e sto rappresenta tutte noi, le canzoni che ascoltiamo, i film che guardiamo, e le speranze e i sogni che non abbiamo mai smesso di nutrire. Sappiamo bene che, cantando in un ambiente come il teatro, ci sentiamo libere, comprese e forti. Lo spettacolo diventa dunque un’esperienza gestita magistralmente da Andrea Delogu, che chiama inoltre il pubblico a intervenire, coinvolgendolo nei fatti e nelle emozioni narrate. 40 e sto diventa così un “posto” sicuro e familiare per le donne che assistono allo spettacolo.

Cosa 40 e sto ci dice sulla vita delle donne
Ci dice, semplicemente, che non sono ancora libere. Delogu è giunta alla propria autodeterminazione attraverso un percorso difficile e travagliato e non nasconde gli sforzi fatti – e che tuttora fa. Ciò che ha ottenuto, l’ha ottenuto con fatica. Lei stessa simboleggia le difficoltà di affermarsi e farsi riconoscere anche “solo” a livello sentimentale, la necessità di essere indipendenti, il coraggio di amare e credere in ciò che si fa. Le donne sono oggetti: oggetti sessualizzati – chi la segue sui social noterà i finti apprezzamenti del pubblico maschile, chiari commenti sessisti -, che non possono invecchiare né innamorarsi di una persona più giovane, stando ai dettami di una cultura tossica che ancora persiste e ci condanna per le scelte che facciamo. Andrea Delogu è forse una ragazza qualunque, ma è anche una donna che lotta da tutta la vita, e questa lotta per il riconoscimento di sé è la stessa che le donne portano avanti da secoli. La sua voce è importante perché non è la rappresentazione di un caso singolo, ma il desiderio di uscire dalla gabbia dorata, sperimentare, vivere. I quarant’anni non sono un limite: è il percorso che facciamo per essere noi stessi, e 40 e sto è un ritratto ironico, speranzoso e ribelle di queste condizioni opprimenti nel racconto della propria vita.

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